domenica 28 agosto 2016

IMPORTANZA DELLA PRIMA IMPRESSIONE

In una società come quella attuale che si basa sullo scambio di informazioni è importante conoscere e capire come avviene la comunicazione.

Il concetto di comunicazione ci riguarda tutti da vicino poiché ognuno di noi comunica continuamente e quotidianamente, ma quale è la persona con la quale comunichiamo più di frequente, tutti i gironi, per tutta la nostra vita?

La risposta la conosciamo: Noi stessi!

La comunicazione intrapsichica non può essere sottovalutata e al pari di quella interpersonale ha una importantissima regola:
Il come si dice una determinata cosa, è più importante del Cosa si dice.

Se per ipotesi, mettiamo sui piatti di una bilancia due pesi: il primo rappresentato dal “cosa” dico (contenuto del linguaggio) e il secondo dal “come” lo dico (toni della voce e comunicazione non verbale), il secondo piatto peserà tredici volte più del primo (93% contro il 7% delle parole).




Valutazioni simili sono state effettuate negli anni ’60 in America da Albert Mehrabian, che osservò come in una normale comunicazione la corretta ricezione del messaggio sia data solamente per il 7% dalle parole, mentre il 38% è rappresentato dai toni della voce e il 55% dal linguaggio non verbale.


Pensiamo per un attimo a qualcuno che abbiamo conosciuto nel passato e anche se non sapevamo nulla di lui, abbiamo detto: “non lo conosco, però mi è simpatico, è come se lo conoscessi da sempre”.


La prima impressione


Viene dunque da pensare: “la prima impressione può influenzare una comunicazione?”
Certo che si!

Quando conosciamo qualcuno, ci facciamo un’idea su che tipo sia, in genere, questa prima impressione si mostra molto tenace alle disconferme.


L’abito non fa il monaco, però influenza la prima impressione, quindi se vogliamo dare un seguito ad un nostro primo incontro, con una ragazza, con un datore di lavoro, ecc. occorre prestare particolare attenzione ad ogni dettaglio.

Un importante assioma nella comunicazione dice:

“Non hai mai una seconda occasione, per dare una buona prima impressione”

Possiamo quindi dire che una nostra immagine inizia ad aleggiare nella mente del nostro interlocutore ancor prima che parliamo, perché, anche se inconsapevolmente, una prima impressione positiva o negativa ci ha già presentati.

Al contrario di ciò che riteniamo politicamente corretto credere, diventa chiaro a questo punto che, quando incontriamo qualcuno per la prima volta, lo giudichiamo subito o sotto il profilo della cordialità/indifferenza o sotto quello della simpatia/antipatia, o addirittura come potenziale partner sessuale.


Immaginiamo di avere un’azienda, i nostri clienti potrebbero associare da subito l’immagine di questa dalla voce che li accoglie al telefono.

Aiutare la nostra azienda a presentare il giusto “biglietto da visita”, potenziando le capacità di gestione della reception e del centralino, potrebbe allora essere una scelta strategica, un vero salto di qualità per chi opera a diretto contatto con il pubblico.

Conoscere è saper vedere in noi stessi. Joseph Joubert

Allo stesso modo, nel curriculum vitae possiamo scrivere quante informazioni vogliamo, ma passeranno tutte in secondo piano rispetto a ciò che il datore ricorda nella prima impressione che si è fatto del candidato.


ll nostro cervello… avvera le profezie?


Siamo noi stessi che ci diamo dei limiti e paradossalmente con le nostre credenze limitiamo anche gli altri: infatti, molte volte non riusciamo a fare le cose semplicemente perché immaginiamo di non farcela ancora prima di provare, molto spesso per paura di sbagliare e più abbiamo questo timore e più è probabile che avvenga quanto temiamo.





Tutto questo si verifica perché al nostro cervello non piace contraddirsi o ritrattare una realtà ormai assodata, piuttosto gli piace sentirsi dire: “lo sapevo, è come dicevo io” e ancora una volta si avvera la profezia che conferma di nuovo le nostre sensazioni iniziali.

In questi frangenti diventa determinante cambiare l’atteggiamento mentale, mettersi in discussione e ampliare le nostre vedute.

Cambiare idea “costa fatica” perché molto spesso un nostro punto di vista è legato ad una credenza che, se messa in discussione, può voler dire intaccare un aspetto della nostra identità.

Se ci convinciamo di essere dei buoni comunicatori, il cervello andrà ad evidenziare tutti quei comportamenti che confermano la nostra credenza, dando poca rilevanza al resto.

Al contrario, se non siamo convinti di noi stessi, anche di fronte a tanti piccoli successi, il nostro cervello si focalizzerà solo sugli errori.


Quali immagini hanno nella loro mente le persone che hanno paura di parlare in pubblico?

Il più delle volte è dimostrato che queste persone prima di iniziare un discorso, si ripetono mentalmente frasi tipo: “non mi devo emozionare”, “non devo andare nel pallone”, “stavolta non mi devo bloccare”, “stavolta non voglio fare una brutta figura”.


Le intenzioni sono buone, ci si concentra infatti per fare un buon discorso, ma la mente viene condizionata negativamente – e cosa succede al momento di parlare in pubblico?

Si realizzerà quello che la mente ha fino a quel momento vissuto, il cervello ha immaginato più di una volta la scena negativa e quella andrà ad eseguire.


Cosa si potrebbe fare per sbloccare 
questa forma mentis negativa?


La stessa persona che ha paura di parlare in pubblico può dirsi: “stavolta voglio stare tranquillo, fare un bel discorso come se fossi tra amici, mi voglio divertire…”.

In questo caso il condizionamento è in positivo, il contenuto del messaggio è lo stesso, ma l’informazione che riceve il nostro cervello è totalmente diversa.

Certo questo non implica il fatto che la persona parli in pubblico in modo perfettamente tranquillo, ma aumenterà le probabilità che ciò accada, perché il cervello ama ripetere quello che già conosce per economizzare il suo lavoro: se la mente ha già visto più volte quell’immagine, tenderà a replicarla.

Le immagini sono il linguaggio della nostra mente, da sole possono aumentare o diminuire le nostre emozioni, basti pensare a quali sentimenti suscitano in noi frasi che contengono immagini del tipo:
“Mi sento come se mi fosse passato sopra un Tir“, oppure “Sono distrutto“, “Mi va alla grande“, ecc.

Il nostro cervello si nutre di immagini, e sono queste che condizioneranno il nostro atteggiamento mentale.

Non è un caso che l’ingrediente di base d’ogni buon venditore sia l’entusiasmo, ossia l’atteggiamento con il quale viene proposta un’idea, un prodotto o un servizio.

La forma mentis del venditore è lo strumento di vendita per eccellenza; non è il prezzo del prodotto che determina l’acquisto, né la sua utilità, ma è l’entusiasmo che il venditore riesce a mettere nella vendita che trasformerà molto spesso quel prodotto in vendita.

L’entusiasmo con cui comunichiamo le nostre idee determina i nostri risultati, coinvolge l’interlocutore, lo porta a vedere attraverso i nostri occhi la prospettiva di un futuro nuovo ed eccitante.

A questo punto appare evidente che la comunicazione sia una carta fondamentale nel gioco della vita e la si può apprendere, al pari di ogni altra capacità.

Tratto dal sito : http://www.group.formaementis.net/

domenica 14 agosto 2016

TECNICA DI PICASSO E EINSTEIN PER DIVENTARE UN VENDITORE RICCO


La tecnica di Picasso e Einstein 
per diventare un venditore ricco.






Pablo Picasso è annoverato tra i più grandi artisti della storia della pittura, uno dei più famosi maestri d’arte del ventesimo secolo.

Probabilmente lo associ a inquietanti quadri che raffigurano volti surreali, tagliati in verticale, con particolari del viso interamente sproporzionati rispetto all'intero disegno.

Albert Einstein, invece, fu uno dei più celebri fisici e scienziati mai esistiti. Egli mutò in maniera radicale il paradigma di interpretazione del mondo fisico, e la sua teoria più famosa è quella della relatività.


Cos’hanno in comune un pittore e un uomo di scienza?


Ebbene, entrambi hanno lasciato al mondo intero un'eredità enorme... tanto che anche il conto in banca dell’uomo più ricco del pianeta impallidisce davanti al valore dei loro retaggi.

Picasso ha lasciato una raccolta di opere incontestabilmente eccezionali ( a prescindere che la sua arte possa piacere o meno). Insieme ad esse anche una miriade di tecniche di pittura che sono state scuola per molti pittori moderni, e che in molti hanno tentato di copiare e fare proprie - senza successo.

Einstein ha donato al mondo della scienza un'importante delucidazione sull'effetto fotoelettrico in base alla composizione della radiazione elettromagnetica di quanti discreti di energia (non rileggere la frase per capirla, in pratica ha contribuito allo sviluppo della meccanica quantistica.)

La sua invenzione più famosa è sicuramente la nota formula relativistica “e=mc2 (energia =massa*velocità della luce nel vuoto2). Si insomma, una di quelle cose complesse che non ti aiuterà a portare il pane a casa domani ma che, comunque, ognuno di noi ha sentito nominare tra i banchi di scuola.


Che differenza c'è tra quello che Picasso ha donato ai suoi figli nell’arte  e l’eredità che l’intero mondo ha ricevuto in dono da Albert Einstein?





Quella di Picasso, è arte allo stato puro. La sua pittura, infatti, è il risultato della materializzazione del suo talento attraverso una semplice tavolozza di colori ed un pennello.

Tentare di riprodurre il suo tipo di abilità, il suo talento, la sua dote, è impossibile e da pazzi. 

Anche il pittore più bravo al mondo potrebbe mettersi a studiare fino all’ultimo libro su Picasso ed assimilare a tal punto le tecniche da tentare di riprodurre le sue opere... ma i suoi lavori risulterebbero comunque delle brutte copie dell’originale.

In pratica, nonostante la magnificenza del suo talento... il retaggio di Picasso risulterà sempre come un grosso diamante luminoso - che puoi ammirare da lontano, senza poterlo mai possedere perché troppo costoso e quindi inavvicinabile.

Einstein ha lasciato in eredità alla scienza formule ben precise, applicabili e replicabili in più contesti, che sono state utilizzate dagli studiosi di tutto il mondo per progredire nello sviluppo della meccanica quantistica e della fisica.

Einstein ha fatto qualcosa di molto più utile per il genere umano, poiché la sua scienza non è riservata a 3 o 4 eletti. Si tratta di formule, espressioni ed equazioni che possono utilizzate in egual modo da tutti coloro che studiano fisica, matematica o desiderano impegnarsi nella ricerca scientifica.

Con il talento si nasce. 

Per quanto potrai provarci, se non sai disegnare e non scorre nelle tue vene l’estro che contraddistingue i grandi artisti... non potrai mai dipingere, se non a livello amatoriale. 

Se la vogliamo dire tutta, in molti credono che i volti sconquassati rappresentati da Picasso fossero anche il risultato della sua presunta malattia - l' "aura visiva" - che gli causava visioni spezzate della realtà.

Insomma, il pianeta terra non vedrà mai più un altro come lui.

Se sei d’accordo con me sul fatto che l'arte di un genio della pittura non sia replicabile alla perfezione... prova ad immaginare la frustrazione di una persona che, giorno dopo giorno, prova a riprodurla senza successo. 

Purtroppo è destinata a vedere i suoi sogni di gloria rompersi in mille piccoli pezzi, perché quel tipo di abilità non si insegna e non può essere trasferita alle generazioni future.

Se dovesse scoppiare un incendio terribile e dovesse bruciare tutte le opere di Picasso, la sua arte sarebbe persa per sempre. Questo perché non gli è stato possibile lasciare un metodo che permettesse agli aspiranti pittori di sistematizzare la sua abilità e riprodurla a piacere.

Le formule di Einstein, al contrario, sono ben precise e hanno aiutato -direttamente o indirettamente- centinaia, migliaia di scienziati e fisici quantistici ad eccellere nella propria professione e migliorare la qualità della vita delle persone.

E questo è stato possibile SOLO grazie ad una formula che poteva essere studiata e replicata da chiunque.


Nella vendita funziona esattamente nello stesso modo.


Sono ormai decenni che in Italia ti vengono date a bere una serie di stronzate talmente grandi, che al solo pensiero mi vergogno per chi le racconta.

Nel nostro paese ai venditori viene riservata una pseudo-formazione basata su “formule” come "devi andare carico dal cliente, bello sorridente, coinvolgente, e il cliente rimarrà scioccato dalla tua passione al punto di voler concludere subito il contratto".

Ma convincerti che queste cose funzionano, è come voler insegnare a qualcuno a dipingere come Picasso.

Non puoi vendere in questo modo se non sei nato con un talento particolarmente grande. 

E anche se sei nato “bravo”, non puoi essere carico e motivato per sempre. Se ti girano perché non sai come arrivare a fine mese e senti che te lo stanno buttando al culo con la storia del "ci devi credere forte", è anche giusto che tu ti sia rotto un po’.

La “formazione vendita” in Italia non esiste


I manager al massimo possono insegnarti quello che per loro ha funzionato e che non funzionerà mai più per nessun altro. 

Ti propinano tutte quelle informazioni che derivano dalla loro esperienza, dall’ “arte di saper parlare bene” e dal loro talento. Nessuno schema. Nessun sistema replicabile in maniera professionale.

Magari qualcuno doveva avvisarti prima... qualora non l’abbiano fatto te lo dico io ora: non è che i venditori non sanno fare quello che gli insegnano, è che non gli danno le informazioni giuste per vendere bene e meglio, a prescindere dalle loro abilità personali.

Certo se sei totalmente introverso, non sei capace di instaurare un minimo di rapporto con le persone... forse la professione del venditore non è proprio quella che ti si addice di più, ma do per scontato che tu non sia quel tipo di persona.

Sto dicendo che è necessario tu conosca un sistema di vendita che ti dia tutti gli strumenti necessari per vendere bene, anche se non spicchi per le tue capacità ematiche, non hai la "parlantina" per colpa della timidezza o semplicemente perché quel giorno ti girano.


E' vero che devi essere motivato ed amare il lavoro che svolgi,  è vero che devi presentare il prodotto con passione. è vero che devi creare rapporto con il cliente .


Ma tutto questo lo potrai fare realmente solo nel momento in cui hai imparato un vero e proprio metodo di vendita che ti permette di chiudere contratti senza doverti affidare soltanto al tuo stato d'animo.


Hai bisogno di una formula ben precisa che ti consenta di raggiungere risultati straordinari a prescindere dalle tue abilità personali – e di poterla insegnare alle persone che un giorno dovrai formare per creare i tuoi scienziati della vendita.

E anche per tal motivo  nel 2008 ho pensato di scrivere un libro " Tecniche di Vendita " che ancora oggi nel 2016 ( dopo 8 anni ) è un Best Seller della Bruno Editore.


venerdì 5 agosto 2016

COME RICONOSCERE I SEGNALI DI GRADIMENTO

COME RICONOSCERE I SEGNALI DI GRADIMENTO 


Il 93% della comunicazione è gestita a livello inconscio, il quale utilizza il suo linguaggio, diverso da quella della parte logica.

Conoscere il suo modo di esprimersi significa avere a disposizione una mappa mentale del nostro interlocutore per orientarci nell’interazione, così facendo, sapremo in tempo reale se quello che stiamo facendo è giusto oppure no.

Iniziamo a comprendere quali sono quindi i vari segnali del corpo denominati di gradimento .


SEGNALI DI GRADIMENTO 



Bisogna tenere bene a mente quali sono i segnali di gradimento che ci offrono le altre

persone, perchè sono loro che si indicano se l’argomento è piacevole e coinvolgente,  

se possiamo usarlo per creare sintonia ed empatia.

Anche se non ci stanno dicendo a parole che siamo interessanti, è come se ci dicessero 

“mi piace questo argomento”.

Come vi sentite quando vi dicono una cosa così?

Non capita spesso, però… almeno, non con le PAROLE.

Avviene invece SEMPRE con i gesti.

A differenza dei gesti di rifiuto, è bene in questo caso NON FARE NULLA per cambiare

argomento o modo in cui ci relazioniamo.

Anzi, mantenendo questa linea riusciremo facilmente a convincere l’altra persona a 

condividere le nostre idee.

La cosa migliore da fare è insistere sull’argomento, riagganciandosi ad esso il più possibile 

in modo da fare anche crescere nell’altro l’interesse.

Quando scopriamo una parola chiave – una parola che, cioè, fa reagire con un segno di 

gradimento l’interlocutore – è bene usare frasi che la contengono spesso, in modo da 

evocare la sensazione ad essa collegata.


ANALIZZIAMO I SEGNALI DI GRADIMENTO PRINCIPALI 

1) SPOSTAMENTI DEL CAPO O DEL CORPO IN AVANTI

È un segno di interesse.

L’esatto specchio del gesto di rifiuto di prima, un evidente segnale che piacciamo all’altra 

persona è data dal suo avvicinarsi a noi.

D’altra parte, come sappiamo quando piacciamo a qualcuno?

Non è proprio quando ci viene tanto vicino da poterci toccare?

2) PRURITO ALLE MANI 

Quando ci prudono le mani, come si sa, è perché vogliamo usarle!

In genere si attribuisce a questo gesto l’idea di violenza – infatti ha anche questa valenza, in

altre situazioni – in questo caso invece si fa sia sfregandole che sfregando tra loro

velocemente i palmi


3) ATTORCIGLIARSI I CAPELLI

Tipico femminile. Ha diverse valenze, come la seduzione, e in generale il gradimento

accarezzarsi i capelli.

Segnale di interesse.

Fatto più spesso dalle donne, indica rilassamento e piacere.

Gli uomini tendono a farlo più sulla parte posteriore della testa mani incrociate dietro la testa.




Tipico maschile. Indica rilassamento e allo stesso tempo dominanza.

Questo gesto ha la spiacevole caratteristica di essere considerato invadente e cafone dalle 

donne, sopratutto se accompagnato da posizione seduta con le gambe leggermente aperte.

Non eseguirlo MAI in loro presenza o davanti a un superiore!

4) INCLINARE LA TESTA IN ALTO 

Di solito usato dalle donne, indica interesse giocherellare con la collana.

Gesto femminile, è un segnale che indica gradimento e seduzione sbottonare e 

riabbottonare lo stesso bottone. È un gesto di seduzione e indica il desiderio di spogliarsi, 

ma allo stesso tempo, il trattenersi dal farlo infilare una mano o un dito nella scollatura.

Segnale femminile, può indicare anche questo seduzione e ha la valenza del gesto di prima


levarsi giacca o cappotto dopo che si inizia a parlare.




Se lo si aveva fino a quel momento, indica apertura e interesse verso l’argomento.

Immaginate che qualcuno venga a trovarvi.

Se gli chiedete di darvi il cappotto e lui rifiuta dicendo “no, sto bene così” cosa pensate?

Non è molto educato in primo luogo, e poi forse vi verrà il dubbio che non è a suo agio, magari che sente freddo in casa vostra.

Ma la ragione è che con un pesante indumento addosso è come essere avvolti in una coperta: rassicurante e dà la sensazione di essere protetti dall’esterno.

Se però, dopo qualche minuto preferirà toglierlo vuol dire che si sente abbastanza sicuro da non aver bisogno di barriere.

Quindi, che con voi si sente a proprio agio.

Tratto dal sito : http://www.fabiopandiscia.it/

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